Onorevoli Colleghi! - La XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, nel corso della XIV legislatura, avviò l'esame di più progetti di legge in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi, tra i quali un testo unificato già approvato dall'altro ramo del Parlamento (atto Senato n. 3906).
      Tale testo si proponeva di adeguare le norme contenute nella legge 16 dicembre 1985, n. 752, che definisce la normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio del tartufi freschi o conservati destinati al consumo, alla nuova ripartizione delle competenze fra lo Stato e le regioni in materia agricola, di tutela e salute dell'alimentazione e di tutela dell'ecosistema, operato con la riforma del titolo V della Costituzione.
      Il provvedimento si proponeva altresì di adeguare il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1982, n. 633, ad una nuova normativa fiscale in grado di fare emergere il sommerso del settore e di consentire nel contempo la piena tracciabilità del prodotto.
      La presente proposta di legge rappresenta, quindi, la conclusione del lavoro a cui era giunta la XIII Commissione, che unanimemente si riconosceva nel testo qui riproposto.
      I primi nove articoli modificano la legge n. 752 del 1985, adeguandola alla nuova ripartizione delle competenze tra Stato e regioni e tenendo conto dei cambiamenti determinatisi in un settore che annovera circa 200.000 raccoglitori ufficiali di tartufi, dei quali il 5 per cento

 

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proviene dal mondo agricolo, il 20 per cento svolge l'attività di ricerca in maniera personale e il restante 75 per cento appartiene alle più svariate categorie economiche.
      Gli articoli 8 e 9, in particolare, introducono norme più rigide e certe per quanto riguarda la messa in commercio dei prodotti a base di tartufo, fornendo garanzie e chiarezza al consumatore finale.
      Gli articoli 10 e 11 intervengono in materia fiscale, in primo luogo abrogando alcune norme della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (articolo 1, comma 109) e introducendo una disciplina in grado di tenere assieme la questione fiscale e la tracciabilità del prodotto. Su questo tema, sul quale si è concentrata l'attenzione del Parlamento e della Commissione Agricoltura, occorre compiere alcuni approfondimenti.
      Le richiamate norme della legge 30 dicembre 2004, n. 311, hanno modificato la disciplina relativa all'acquisto del tartufo fresco e alla relativa commercializzazione. Queste norme prevedono per i soggetti che nell'esercizio d'impresa si rendono acquirenti del prodotto dai raccoglitori (commercianti), la possibilità di autofatturare il prodotto senza indicarne il cedente (raccoglitore) né il luogo di provenienza. Tutto ciò, che a prima vista può apparire come un elemento di semplificazione amministrativa e fiscale, di fatto introduce una forte distorsione nel mercato e apre la strada alla possibilità, che già si sta verificando, di un commercio ingannevole nei confronti del consumatore e arreca pesanti danni economici ai territori vocati alla produzione di tartufi. Eliminare l'obbligo di indicare nella fattura il luogo di provenienza e l'acquirente significa non consentire nessuna tracciabilità del prodotto.
      Tutto questo appare quanto mai assurdo nel momento in cui le certificazioni di qualità e la tracciabilità dei prodotti, in particolar modo quelli agricoli e agroalimentari, rappresentano una garanzia importante per i consumatori, conferiscono valore aggiunto ai prodotti e sono al centro della legislazione in sede nazionale ed europea. Il mercato del tartufo in Italia è sempre stato sottoposto alla concorrenza dei prodotti di importazione dai Paesi comunitari ed extraeuropei (come la Cina, il Marocco, la Romania eccetera). Rimanendo così le cose, potremmo tranquillamente trovare nelle tavole tartufi «cinesi» o del nord Africa, commercializzati come tartufi italiani. Per tale motivo è opportuno che il legislatore intervenga su questa materia. Un altro motivo particolarmente importante è la promozione territoriale che tutti gli enti e territori riconducibili, e non solo, all'«Associazione nazionale città del tartufo» hanno impostato intorno al prodotto «tartufo»; prodotto di eccellenza e sinonimo di qualità ambientale, che fa da traino a tutti i prodotti agroalimentari, al turismo e più in generale all'economia locale. Non solo, il comma 109 dell'articolo 1 della citata legge n. 311 del 2004 disconosce completamente la figura del raccoglitore e del cercatore di tartufo. È utile ricordare che questo soggetto è l'elemento primo della catena di produzione tartufigena, è il soggetto che mantiene, tiene pulite e migliora le aree vocate, alleva e addestra i cani, ricerca il prodotto e fa in modo che l'arte del «tartufaio», che difficilmente si impara senza una sapiente conoscenza del territorio, venga tramandata di generazione in generazione.
      Queste semplici e basilari motivazioni ci inducono a proporre di abrogare il comma 109 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 e di introdurre una nuova normativa fiscale in grado di incentivare questa attività evidenziando la filiera di produzione del tartufo. Il comma 2 dell'articolo 10 della presente proposta di legge introduce a tal fine l'articolo 74-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
      In particolare, il comma 4 del citato articolo 74-sexies obbliga i raccoglitori, autorizzati a praticare la ricerca del tartufo, a rilasciare una ricevuta contenente l'indicazione della natura del prodotto ceduto mentre il comma 5 della novella e il comma 3 dell'articolo 10 della proposta di legge obbligano le imprese che esercitano il commercio dei tartufi a certificare
 

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la data e il luogo o l'area di raccolta del prodotto.
      Il comma 5 dell'articolo 10 (che modifica il testo unico sulle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) interessa i raccoglitori e introduce le disposizioni in materia di redditi derivanti dalla raccolta di tartufi, inserendo una norma transitoria valida per un biennio.
      La ricerca del tartufo è una tradizione popolare e una passione, come lo sono la pesca e la caccia, e un modo di vivere e di fare che si tramanda fra generazioni e che nel tempo ha conservato inalterato e forse accresciuto il suo fascino.
      Come tutti ben sanno, per praticare la raccolta il «tartufaio» deve munirsi di un apposito tesserino previo superamento di un esame che ne accerta l'idoneità. Tutto ciò però non consente di delineare un ruolo economico ed imprenditoriale chiaro, in quanto rappresenta una realtà nella quale è stata ed è forte l'evasione fiscale. La norma introdotta si propone di affrontare questo problema anche per la parte relativa alla tassazione dei redditi. Fino ad oggi non vi è normativa idonea ed efficace per fare in modo che il reddito derivante dalla cessione dei tartufi, possa, in qualche modo, essere soggetto a tassazione; meno che mai con l'introduzione del citato comma 109 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004.
      La disposizione che si propone riconosce, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2009, una riduzione forfetaria del 50 per cento a regime della base imponibile sul reddito derivante dalla vendita del prodotto, riconoscendo con questa riduzione le spese che il raccoglitore sostiene per la manutenzione delle zone tartufigene, per l'allevamento e per l'addestramento dei cani.
      La norma propone di avviare questo percorso fiscale di emersione in maniera graduale. La previsione di riduzione forfetaria sulla base imponibile del 70 per cento per il periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2007 e del 60 per cento per il periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2008 persegue questo obiettivo.
      L'introduzione di tali norme si propone di estendere la base imponibile riducendo l'elusione e l'evasione fiscali spesso denunciate nel settore. Tali norme, largamente condivise sia dall'Associazione nazionale città del tartufo, che rappresenta la parte pubblica, sia dalla maggior parte delle associazioni dei cercatori italiane, consentono di tutelare la nostra produzione, di promuovere una integrazione sempre più forte fra prodotto e territorio, di garantire il consumatore e di valorizzare una figura emblematica nella filiera del tartufo rappresentata dal «tartufaio» che la normativa vigente di fatto annulla.
 

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